INFEZIONI

Le malattie infettive sono patologie causate da microrganismi come batteri, virus, funghi o parassiti. Molti di questi microrganismi colonizzano normalmente il corpo umano senza essere pericolosi, ma in determinate condizioni possono causare infezioni anche gravi.
Le infezioni in campo ortopedico-traumatologico possono avere effetti devastanti, creare gravi disabilità e addirittura disseminazioni sistemiche che mettono a rischio la vita del paziente. Le infezioni possono colpire l’osso (osteomieliti), le articolazioni (artriti settiche) o le protesi impiantate (infezioni periprotesiche).
La presenza di un corpo estraneo (protesi articolari o mezzi di sintesi per le fratture), zone necrotiche (ossa e tessuti molli) o zone di ipossigenazione tissutale favoriscono l’attecchimento dei germi tramite la loro capacità di fissarsi su un materiale inerte e organizzarsi attraverso il cosiddetto biofilm, un complesso sistema proteico in cui i microrganismi si replicano e si organizzano in modo da essere protetti sia dal sistema immunitario sia dagli antibiotici.
Condizioni predisponenti sono il diabete e stati di immunodeficienza (malnutrizione, tumori, infezioni come ad esempio da HIV). La diagnosi di infezione può essere semplice; a volte, tuttavia, riconoscere e diagnosticare un’infezione può risultare molto difficile a causa dell’assenza dei tipici segni e sintomi.

In questi casi esami di laboratorio, di imaging e microbiologici sono fondamentali per giungere a una diagnosi sicura. Il trattamento prevede un approccio complesso, sia di tipo chirurgico che farmacologico. E’, pertanto, fondamentale rivolgersi a centri superspecializzati in grado, attraverso un team polispecialistico composto da Infettivologi, Microbiologi, Chirurghi Ortopedici, Plastici e Riabilitatori in grado di accompagnare adeguatamente il paziente attraverso il difficile percorso diagnostico-terapeutico.
Osteomieliti

L’osteomielite è un’infezione che colpisce l’osso; i germi possono colonizzarlo attraverso un contatto diretto o attraverso il sangue nei casi di un’infezione sistemica con disseminazione ematogena.
Generalmente le osteomieliti sono conseguenti a una contaminazione diretta post-traumatica (fratture esposte) o post-chirurgica. Le osteomieliti acute tipicamente causano dolore, calore, rossore e tumefazione. Nei casi più gravi possono comparire anche sintomi sistemici come la febbre.
Nelle osteomieliti croniche in cui non vi sia una fistola secernente (ossia un tramite con la cute), spesso i sintomi sono assai sfumati e a volte l'organismo riesce a mantenere in una fase quiescente l'infezione; i batteri vengono quasi “murati” all'interno dell'osso e una eventuale riattivazione è determinata da un abbassamento delle difese immunitarie o da una condizione che ne favorisca la recrudescenza.
Il trattamento delle osteomieliti prevede un approccio chirurgico e farmacologico; la rimozione dei tessuti infetti è fondamentale ed è necessario essere il più radicale possibile per evitare delle recidive. Spesso è necessario sacrificare tessuti molli e ossei ed eventualmente procedere in un secondo tempo a interventi di chirurgia plastico-ricostruttiva. Questo secondo step chirurgico deve avvenire a completa risoluzione del processo infettivo; spesso le ferite rimangono aperte e protette da medicazioni avanzate come quella a pressione negativa o VAC-therapy.

Questo sistema, oltre a garantire una protezione adeguata nei confronti di una contaminazione esterna, assicura la formazione di tessuto di granulazione, primum movens verso la guarigione della lesione.
Pseudoartrosi settiche
Quando un'infezione si localizza nel sito di una frattura e ne impedisce la guarigione, si parla di pseudoartrosi settica. Generalmente le pseudoartrosi settiche si verificano quando dei mezzi di sintesi vengono colonizzati dai batteri. A differenza della pseudoartrosi asettica, è necessario guarire l’infezione altrimenti qualsiasi tentativo di trattamento della pseudoartrosi fallirà. E', pertanto, necessaria un'accurata pulizia (debridement) del focolaio settico con l'eventuale rimozione di qualsiasi mezzo di sintesi e/o tessuto non vitale e la stabilizzazione della frattura attraverso l'utilizzo di fissatori esterni che non renderanno necessaria la presenza di materiale inerte nel sito di infezione. A volte il focolaio settico è molto esteso e si rende necessaria l'asportazione di una buona parte di osso. In questi casi è necessario ripristinare la lunghezza del segmento attraverso tecniche diverse:
- Tecnica dell'ascensore con fissatore circolare (Ilizarov): una porzione più o meno estesa di tessuto osseo infetto viene asportata e il segmento viene sintetizzato con un fissatore esterno circolare (Ilizarov). Una seconda frattura viene prodotta a livello prossimale e, attraverso la regolazione quotidiana di bulloni dell’apparato circolare esterno, si “trasporta” la porzione diafisaria libera in modo che la parte superiore formi un callo osseo nuovo e quella inferiore vada gradualmente a contatto con la porzione distale fino alla completa guarigione della pseudoartrosi.
- Tecnica della camera biologica (Masquelet): una volta resecata e asportata la porzione ossea infetta, viene colmato il gap osseo con uno spaziatore formato da cemento osseo antibiotato. A distanza di alcune settimane questo spaziatore verrà rimosso e la membrana che nel frattempo si sarà formata ha spiccate propietà biologiche che favoriranno l’attecchimento di trapianti ossei.


Infezioni periprotesiche
Una delle complicanze più temibili nella chirurgia protesica è l'infezione dell'impianto. Attualmente non è possibile azzerare il rischio di infezioni periprotesiche; la letteratura internazionale attesta tale rischio intorno al 1-2% nei primi impianti e fino ad arrivare al 4-5% nelle revisioni. Come già detto, la superficie della protesi costituisce un ottimo terreno su cui i batteri possono crescere. La maggiorparte delle infezioni periprotesiche è causata da contaminazioni batteriche durante l’intervento chirurgico di impianto protesico. E’, tuttavia, possibile che l’infezione sia causata da successive procedure chirurgiche (soprattutto dentali) o in seguito a infezioni generalizzate; in questi casi i germi entrano nel sangue e possono colonizzare la protesi. E’, per questo, fondamentale sottoporsi a profilassi antibiotiche adeguate ogni qual volta ci si debba sottoporre a interventi anche in distretti corporei lontani dalla protesi.

I sintomi delle infezioni periprotesiche sono costituite da dolore locale, calore, rossore cutaneo, febbre, eventuali fistole secernenti e progressiva perdita della mobilità. L’aspetto più grave, tuttavia, è costituito dal fatto che i batteri innescano un processo che determina il rilascio di sostanze tossiche che provocano il riassorbimento dell’osso intorno alla protesi e in ultima analisi alla sua mobilizzazione.
Risulta, quindi, fondamentale riconoscere al più presto un’infezione per preservare il più possibile il tessuto osseo. Una corretta diagnosi è di fondamentale importanza per impostare un trattamento adeguato. L’isolamento del germe che causa l’infezione non è sempre semplice, ma costituisce uno step fondamentale per impostare una terapia antibiotica mirata.
Le infezioni periprotesiche possono essere acute o croniche. In tutti i casi la terapia antibiotica da sola non riesce a debellare il processo settico per la capacità dei batteri di produrre le loro difese nelle prime 48 ore.
La chirurgia è essenziale per rimuovere fisicamente i batteri coinvolti; se l’infezione viene riconosciuta e trattata nelle prime 3 settimane dalla contaminazione si ha una chance per il salvataggio della protesi. Oltre questo limite temporale, le linee guida internazionali suggeriscono la sostituzione della protesi.

Questa procedura può avvenire in 2 modalità diverse:
- One-stage exchange: in cui la protesi è rimossa e sostituita nello stesso intervento dopo un accurata pulizia.
- Two-stage exchange: la protesi viene rimossa e sostituita con uno spaziatore antibiotato con la stessa forma della protesi; dopo un periodo variabile da qualche settimana a diversi mesi e una terapia antibiotica possibilmente mirata, alla normalizzazione dei parametri infiammatori, lo spaziatore viene rimosso e la protesi sostituita con una nuova.
Artriti settiche
Per artrite settica si intende l’infezione di un’articolazione da parte di uno o più germi che la infiltrano; l’infezione danneggia l’articolazione causando dolore severo, calore, rossore, tumefazione e progressiva limitazione funzionale.
Il processo settico, se non curato, può condurre alla distruzione della cartilagine e quindi alla compromissione della funzionalità articolare. La sede più frequentemente coinvolta nelle artriti settiche è il ginocchio, ma anche altre articolazioni possono essere colpite (caviglia, anca, polso, gomito, spalla, colonna, le più comuni).
Un complesso percorso diagnostico permette di riconoscere tale patologia e di identificare, spesso, il germe coinvolto. Il trattamento prevede, anche in questo caso, una terapia antibiotica mirata e spesso, nelle artriti settiche delle articolazioni maggiori, la pulizia chirurgica che nella maggiorparte dei casi avviene in artroscopia.